Attraverso le prime azioni collettive e l’apertura dello studio si è andato progressivamente formando un gruppo - chiamato Lo Zoo - costituito da persone provenienti da diverse discipline artistiche (musica, letteratura, teatro, arti visive) insieme alle quali, tra il 1968 e il 1970, Pistoletto realizza una serie di spettacoli, concepiti come collaborazioni creative e come forma di comunicazione non mediata da oggetti. Lo Zoo si esibisce, in Italia e in Europa, in diversi tipi di spazi - strade, piazze, discoteche, birrerie, teatri, gallerie d'arte - e collabora in più occasioni con MEV - Musica Elettronica Viva, gruppo composto da alcuni musicisti d'avanguardia statunitensi stabilitisi a Roma. La formazione dello Zoo varierà nel corso degli anni e ad alcuni spettacoli parteciperanno anche il critico Henry Martin e il gallerista Lucio Amelio. Il primo spettacolo dello Zoo, L’Uomo ammaestrato, ha luogo nelle strade di Vernazza, un piccolo paese della Riviera Ligure, vicino a Corniglia, dove Pistoletto nel 1968 acquista una casa e i cui abitanti parteciperanno, nei decenni successivi, a diversi spettacoli di Pistoletto.
“Lo Zoo è nato da una battuta di Carlo Colnaghi: “Io mi trovo nello stesso posto del leone in gabbia”. La cosiddetta civiltà ha relegato ogni animale nella sua gabbia. I meno pericolosi, più docili e sottomessi li ha messi in grandi recinti comuni: le fabbriche, le case popolari, gli stadi sportivi […] Gli artisti sono isolati nelle Biennali di Venezia, nei teatri, nei musei e nelle manifestazioni organizzate. […] Ora noi sappiamo di essere Lo Zoo. Noi non lavoriamo più per gli spettatori, siamo noi stessi attori e spettatori, fabbricanti e consumatori. Tra noi che si riesce a lavorare insieme c'è un rapporto diretto, chiaro, percettivo e istantaneo […] Quando voi vedete, sentite e fiutate uno spettacolo fatto insieme, come quello dello Zoo e Musica Elettronica Viva, quello che voi credete di capire sarà solo la corteccia, l'involucro, ma non saprete mai cosa è successo finché non sarete attori e spettatori al di qua delle sbarre.”
(M. Pistoletto, Lo Zoo, in Teatro, n. 1, Milano 1969, p. 16)
“I Quadri specchianti non potevano vivere senza pubblico. Si creavano e ricreavano a seconda del movimento e degli interventi che riproducevano. Il passo dai quadri specchianti al teatro - tutto è teatro - mi sembra semplicemente naturale. […] Non si tratta tanto di coinvolgere il pubblico, di farlo partecipare, ma di agire sulla sua libertà e sulla sua fantasia, di far scattare analoghi meccanismi di liberazione nella gente. Così mi interessa la gente che ci ha seguiti in corteo da Porta Palazzo a Porta Nuova a Torino, quando abbiamo fatto il Teatro baldacchino, una specie di processione con folli costumi; così come la gente che si fermava a vedere nel vicolo dell’Atleta in Trastevere una specie di sceneggiata su come oggi si “ammaestra” l’uomo, con il telone illustrato e il narratore, tipo cantastorie, ma tutto più libero, non didattico, fantasioso. E chi ha risposto soprattutto sono i bambini, o il pubblico più semplice, quello che è meno condizionato, che sa ancora rimanere a bocca aperta.”
(M. Pistoletto, intervista con G. Boursier, in Sipario, Milano, aprile 1969, p. 17)