Con la performance Twentytwo Less Two realizzata alla Biennale di Venezia del 2009, Pistoletto inizia una serie di nuove opere basate sulla rottura dello specchio, che avrà ampia visibilità negli anni successivi. Vanno ricordati tuttavia alcuni precedenti in tal senso.
Nel 1993, in occasione di una sua mostra al Museo di Arte Contemporanea di Varsavia, Pistoletto distrugge e ricostruisce, di fronte al pubblico, il Metrocubo d’infinito (1966). Pistoletto ripeterà quest’azione diverse volte negli anni successivi e nella sua mostra al Louvre del 2013 esporrà anche il Metrocubo d’infinito a fianco di un altro esemplare dell’opera distrutta.
Nel 1986 crea un gruppo di 9 opere, intitolate Mir-Noir, dividendo uno specchio in 9 parti e applicando ciascun frammento su una superficie rettangolare di carta, interamente ricoperta di segni neri tracciati a carboncino e applicata su tela. Le superfici ricoperte di segni neri utilizzate per Mir-Noir sono state realizzate da Pistoletto durante la sua mostra Il tempo dello specchio al Magazine di Grenoble nello stesso anno, durante la quale Pistoletto aveva ricoperto, nel corso di quasi due mesi, tutte le pareti dell’edificio, una superficie complessiva di 680 metri quadri, di strisce di carta su cui aveva tracciato segni neri a carboncino.
In occasione della mostra Ad Usum Fabricae svoltasi nel 1995 presso la Chiesa di San Domenico, Pistoletto realizza un’installazione utilizzando le cornici in stucco presenti nell’edificio, al cui interno erano presenti immagini religiose, rimaste vuote dopo un restauro. Pistoletto prende uno specchio della dimensione delle cornici, lo rompe di 12 parti e inserisce ciascuna parte in una delle cornici. In corrispondenza di ogni cornice sono collocate inoltre 12 targhe in marmo, con incise le seguenti scritte: Il seme invisibile dell’arte; Con – Testo; 35 anni dentro lo specchio; Svelare – Rivelare; Segno Arte non arte del segno; Frammento unico; Il vero; Memoria dell’origine; Il non noto; Progetto Arte; Divisione – Moltiplicazione dello specchio; Autoritratto dello specchio. L’anno successivo, nel 1996, produce un lavoro analogo, About The Mirror, esposto nella mostra omonima presso la Galleria Tanit a Monaco di Baviera, un gruppo di sette opere costituite uno specchio diviso in sette frammenti, ciascuno collocato all’interno di una semplice cornice bianca appoggiata alla parete della galleria. Anche in questo caso in corrispondenza di ciascuna cornice è posta una targa in marmo con incise le seguenti scritte: L’icona; Senza Segno; L’al di là; Arte Contemporanea; Vitrail; L’arte assume la religione; C’è Dio? Sì, ci sono.
Nel 1995 a Pescara, durante la mostra In Uso, Pistoletto tiene una conferenza, intitolata Cancellazione dello specchio, durante la quale utilizza due specchi affiancati, posti di fronte al pubblico, sui quali traccia dei segni con un grande pennello mentre spiega l’evoluzione del suo lavoro. Al termine della conferenza, quando gli specchi sono quasi interamente ricoperti di vernice, Pistoletto ne distrugge uno dei due.
Nel 1999 presso il Museo Michetti di Francavilla al Mare, Pistoletto ricopre un’intera parete di grandi frammenti di specchio. L’anno successivo, nella sua mostra personale intitolata Frattali, presso la Galleria Cesare Manzo di Pescara, tutte le pareti della galleria sono ricoperte di frammenti di specchi, sui quali sono tracciati segni colorati o sequenze numeriche.
In occasione della cerimonia inaugurale della Biennale di Venezia del 2009 Pistoletto presenta l'azione e installazione Twentytwo less Two. Allineati lungo le pareti di un'ampia sala posta all'inizio del percorso espositivo degli Arsenali sono collocati 22 grandi specchi di 3 metri per 2 con cornici dorate. Di fronte a una folla di pubblico e fotografi che documentano l'azione riflettendosi a loro volta negli specchi, Pistoletto procede a percuotere e infrangere gli specchi con un grande martello, creando sulle loro superfici grandi buchi neri di forma diverse. Al termine dell'azione gli specchi e i frammenti infranti caduti sul pavimento rimarranno esposti come installazione. La relazione che si viene a creare in ciascuno specchio infranto tra superficie specchiante rimasta e superficie nera prodotta dalla rottura ripropone la dinamica tra superficie specchiante e immagine fotografica dei Quadri specchianti, facendone una sorta di Quadri specchianti astratti. I riflessi tra gli specchi e ancor più quelli prodotti tra gli innumerevoli frammenti prodotti dalla rottura sviluppano invece ulteriormente la ricerca avviata nel 1978 con i lavori della serie Divisione e moltiplicazione dello specchio.
Pistoletto ha realizzato in altre occasioni alcune performance e installazioni simili, affidando in alcuni casi ad altri l'azione della rottura degli specchi, come avvenuto ad esempio per Seventeen Less One, il primo lavoro di questa serie, presentato alla Triennale di Yokohama nel 2008 e acquisito dal Museum of Modern Art di New York sia come azione che come installazione. Il Museo Nacional de Bellas Artes dell'Avana conserva nella sua collezione permanente invece l'installazione Thirteen Less One, realizzata, in questo caso direttamente da Pistoletto, nel 2015 negli spazi del museo.
Nell’opera Rispetto, realizzata da Pistoletto nel 2016 con una performance in occasione della sua mostra Respect – Art, Education & Politics presso la galleria VHN di Parigi, i buchi prodotti nei 24 specchi incorniciati che compongono l’opera lasciano emergere in ciascuno specchio la superficie sottostante di un diverso colore con la parola “Rispetto” in 24 diverse lingue. Operazione analoga a quella compiuta nel 2018 con l’opera Twenty Six Less One, creata da Pistoletto con una performance presso il Museo di Arte Contemporanea di Santiago del Cile in occasione della sua mostra Cada punto es el centro del universo, cada persona es el centro de la sociedad, in cui la parola sottostante apparsa sulla superficie colorata sottostante gli specchi rotti è “comprendere”.
In uno dei più recenti lavori di questa serie, White and Light, realizzato in occasione della sua mostra intitolata Nouvelle Perspective alla Galleria Continua di Parigi nel 2024, Pistoletto infrange quattro specchi, non incorniciati, incollati alla parete della galleria, creando sulla loro superficie dei buchi che mostrano la parete bianca sottostante. Quest’opera richiama per un verso alcune opere di un gruppo di suoi lavori concettuali del 1964, chiamati Plexiglas, come ad esempio Muro, costituito da una semplice lastra di plexiglas appoggiata al muro. Per altro richiama diversi recenti Quadri specchianti aventi come soggetto una barriera infranta, come Al di là del muro (2018), Buco nella rete metallica (2018), Buco nel vetro (2020), Il muro sfondato (2024), Murales Panic (2024).
“I grandi specchi incorniciati posti intorno alle pareti della stanza sono intatti, all'inizio. Essi aprono lo spazio specchiandosi l'un l'altro e moltiplicando la presenza degli osservatori.
Lo specchio offre la sua superficie alla vita fisica, come testimone alla sua estensione illimitata nello spazio e nel tempo. Quando lo specchio è frantumato il suo potere riflettente non si perde, ma si moltiplica, tante volte quanti sono i frammenti. Come nei frattali, ogni frammento dello specchio, indipendentemente dalle sue dimensioni, conserva le proprietà del grande specchio, che riflette la totalità di ciò che esiste. Durante la performance, la rottura di ogni specchio incorniciato specchio è come una piccola esplosione galattica che moltiplica le particelle del riflesso, e rimane nella mostra come memoria di un preciso istante del passato incessantemente riflesso in un nuovo presente.
Ogni quadro specchiante rotto è quindi un documento di un evento che segna un momento preciso nel flusso del tempo. Il rivestimento nero che appare dietro lo specchio rotto suggerisce il vuoto scuro che contiene le luci del firmamento. Appare anche, però, come un buco nero che inghiotte quelle luci per espellerle di nuovo in una nuova esplosione. Lo specchio al centro della stanza rimane intatto, in riferimento al seme dell'incessante rigenerazione della luce e della vita.
C'è una potenza drammatica in questo processo virtuale, artistico che corrisponde al reale. Eppure il dramma si risolve in momenti emotivi che, riflettendo, ci portano a pensare alla nostra stessa esistenza.”
(M. Pistoletto, Seventeen Less One, in Yokohama Triennale, catalogo della mostra, 2008)
“Nel quadro specchiante abbiamo un’immagine fotografica fissata, che non cambia, ma che convive con il presente che cambia continuamente. [...] A Venezia lo specchio era solo, senza figura fissa, cioè senza memoria, un presente che si allargava all’infinito. Questo presente aveva bisogno di memoria. “Spaccando” lo specchio, ho introdotto in esso un elemento, il nero che sta dietro, esso ha assunto istantaneamente una forma fissa che ha la stessa valenza della fotografia. L’opera documenta un atto che è stato presente e rimane memoria: una fotografia gestuale.”
(M. Pistoletto intervista con E. Milesi, Lo storico del presente, in “Art app”, n.3, Bergamo, 2010)
“La rottura dello specchio ha molte interpretazioni. La prima è dell'ordine della superstizione: l'idea che lo specchio rotto porti alla sfortuna è una paura sempre molto persistente, perché lo specchio è considerato dotato di potere magico. Quindi, rompendo lo specchio, rompo anche la superstizione. La seconda riguarda la realtà fisica dello specchio, rompo la sua consistenza materiale, ma allo stesso tempo moltiplico le immagini immateriali che accoglie. I frammenti sono tutti diversi, ma conservano tutti la riflessività dello specchio originale.”
(M. Pistoletto, intervista con Marie-Laure Bernadac, in Michelangelo Pistoletto - Année 1, le Paradis sur Terre, Actes Sud/Louvre Editions, Parigi 2013, p.33)